Abbandono del tetto coniugale
Da NERO SU BIANCO n. 7/2008
Cose da… TRIBUNALI!
Potrebbe capitare anche a noi…
di “abbandonare il tetto coniugale”.
Proviamo a cliccare su google le parole “abbandono tetto coniugale” e quello che sorprende è trovarsi davanti a più domande che risposte.
Il concetto di “abbandono del tetto coniugale” è rimasto nel nostro retaggio culturale e spesso è usato a sproposito. Rifacendoci alle fonti del diritto partiamo dagli artt. 29 e 30 della Cost., passiamo per gli art. 143 e 147 c.c. ed arriviamo all’art. 570 c.p.: “violazione degli obblighi di assistenza familiare”, tra cui il famoso abbandono del domicilio domestico (la coabitazione è solo uno degli doveri scaturenti dall’unione coniugale). Gli obblighi derivanti dal matrimonio o dalla filiazione sono sia di ordine morale che materiale, nei confronti di coniuge, figli ed ascendenti (genitori, verso i quali siamo sempre tenuti a non far mancare i mezzi di sussistenza). La gravità della violazione è diversa a seconda che si effettui nei confronti del coniuge o dei figli: nel primo caso è necessaria la querela della parte offesa, nel secondo si procede d’ufficio. Tornando al reato: “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine ed alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da € 103 a € 1.032. …”. Il reato si concretizza solo innanzi ad un persistente ed ingiustificato rifiuto di coabitazione. La giurisprudenza ritiene giusta causa di abbandono "l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza" e il "grave pregiudizio per l'educazione della prole" (Cass. pen. 14.10.04 n. 44614) . Insomma qualsiasi circostanza che possa definirsi come situazione di intollerabilità alla prosecuzione della convivenza “giustifica” l’abbandono. Così non è stato considerato reato il caso di una donna che ha lasciato la famiglia quando il marito si è portato a casa i genitori anziani (Cass. pen. 12.3.99 n. 11064). Così come non ha commesso violazione, perché non ha assunto condotta connotata da “disvalore etico sociale” la donna che a causa dei maltrattamenti del marito e previo accordo con le figlie è andata via da casa (Cass pen. 14.10.04 n. 44614). Allo stesso modo non compie reato chi si allontana dal domicilio avviando contestualmente una separazione (GIP Bari 15.5.06).
Al contrario è stato valutato reato il comportamento del coniuge che ha abbandonato la famiglia prima della nascita della seconda figlia, senza che nulla facesse presagire una intollerabilità alla convivenza ma aggravando il suo comportamento proprio per il particolare momento familiare (C. App. BO 22.5.2003). Oppure è stato ravvisato il reato in questione nel comportamento del coniuge “che immotivatamente aveva abbandonato la casa coniugale per coltivare senza impacci di sorta una diversa relazione familiare” (Cass. pen. 4.7.00 n. 9440). Dunque basta fare le valige e mandare una letterina dove si rappresenta un “disagio” a proseguire la vita coniugale ed il gioco e fatto! Attenzione però che tra gli obblighi di assistenza morale quello certamente più pregnante, anche della coabitazione, è di fornire i mezzi di sussistenza in particolare ai figli minori (obbligo valido anche per il coniuge non si allontana dall’abitazione ma ugualmente non collabora economicamente). Questo obbligo “ricorre anche quando le esigenze di vita di questi ultimi vengano soddisfatte, in tutto o in parte, dall'altro genitore con i proventi del proprio lavoro o con l'intervento di altri congiunti, atteso che tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versano i soggetti passivi del quale, viceversa, costituisce la prova.” (Cass pen 18.11.04). In caso di divorzio è anche peggio perché il reato della mancanza dei mezzi di sussistenza (cui all'art. 12 sexies l. 1 dicembre 1970 n. 898) è integrato per il solo fatto del mancato versamento dell'assegno stabilito nella sentenza divorziale.