...diritto e non solo

articoli sociali



Tempi lunghi della giustizia

Cose da… TRIBUNALI!

Potrebbe capitare anche a noi…

… di diventare vecchi aspettando una sentenza!

Secondo il criterio generale di individuare il giudice territorialmente competente quando si intraprende una causa, la sezione di Tribunale competente è quella del luogo ove risiede la persona che si chiama in causa. In applicazione di questo principio la maggior parte delle controversie che sorgono “nella nostra zona” sono innanzi al Tribunale di Eboli.

Al 31.12.06 le cause pendenti sono 7632. Solo nel primo trimestre di quest’anno sono stati iscritti circa 2900 cause ordinare su ruolo del contenzioso civile. I giudici – tra il penale ed il civile – sono in tutto sette, di cui 3 togati (magistrati) e quattro onorari (avvocati che ricoprono temporaneamente il ruolo di giudice).

Con queste premesse si può comprendere (?) come può capitare che cause che sono nella fase finale del procedimento (precisazione delle conclusioni) in questi giorni vengano rinviate ad Ottobre 2012! Come dire ad un cliente “la causa è stata rinviata al 2012???” E nel 2012 sarà, saremo ancora vivi? E se saremo vivi – come ci auguriamo –  giudici ed avvocati si ricorderanno ancora qualcosa della causa?

Per quanto riguarda poi, le separazioni che vengono trattate nella sede centrale, a Salerno, non stiamo messi meglio: è notizia di questi giorni che per un ricorso depositato a Gennaio di quest’anno è fissata l’udienza per Dicembre prossimo.

Non so se ridere o piangere ma la nostra realtà è questa. Per non parlare quando le cose si complicano, perché si smarrisce il fascicolo, si deve ricostruire, e poi riprendere faticosamente il procedimento. Una persona che “conosco bene” nel 1998 fu coinvolta in un sinistro in cui non c’è nulla da dimostrare per ottenere la liquidazione: era terza trasportata e volente o nolente le Assicurazioni devono pagare. Le compagnie Assicurative hanno più volte riconosciuto che il credito è certo, si tratterà di valutare l’ammontare, ma prima o poi dovranno risarcire la danneggiata, bene dal 1998 la causa è ancora nella fase delle prove, passeranno ancora tre o quattro anni prima di arrivare alla famosa fase delle precisazioni delle conclusioni e lì poi ci sarà presumibilmente un rinvio di altri quattro anni. Dunque questa causa potrebbe durare 16 anni!

Che fare oltre che pensare al titolo del film di Troisi “non ci resta che piangere”? L’unico rimedio è la L. n. 89/01 detta “Legge Pinto” sull’equa riparazione del danno subito da “ritardata giustizia”. Un’altra causa?!? Tranquilli, questo procedimento per legge non può durare più di quattro mesi. Con questo ricorso -  che si può proporre sia in corso di causa che entro sei mesi da quando la sentenza è diventata definitiva -  la parte può chiedere il danno materiale causato dal ritardato provvedimento ma anche e soprattutto il danno  morale. Gli importi di partenza, in via orientativa, saranno circa € 1000,00 per ciascun anno di ritardo attinente al primo grado di giudizio, € 500,00 per ciascun anno relativo alla fase di impugnazione. Il termine ragionevole di durata – secondo i parametri emersi innanzi alla Corte Europea – di un processo in primo grado è di tre anni, per un processo seguito dall’appello è di sei anni ed eccezionalmente si può arrivare ad undici se il processo dalla Cassazione è stato rinviato nuovamente al giudice della sentenza cassata.

Come dire, questa è la ricetta, meglio sarebbe farne a meno, ma almeno dopo un processo di sedici anni si può ricevere “un’equa riparazione” di tredicimila Euro!

Consenso e ripensamento all’atto sessuale

consenso atto sessuale 72Da NERO SU BIANCO 18/2007

Cose da… TRIBUNALI!

Potrebbe capitare anche a noi…

…prestare consenso ad un atto sessuale e poi ripensarci.

 

Certo è difficile che capiti ad un uomo, e forse è poco frequente che capiti ad una donna, ma è  avvenuto e la questione è diventata un caso giudiziario che circa poco più di un anno fa destò molto scalpore. Molti giornali riportarono la decisione della Suprema Corte (III sez. pen. Sent. n. 24061/06) commentando con disappunto: “Il consenso sessuale non può essere revocato”

Un ragazzo ventenne di Latina era stato condannato in primo e secondo grado  per violenza sessuale ai danni di una sedicenne. L’imputato ricorreva per cassazione lamentando l’erronea ricostruzione dei fatti e l’inattendibilità della minore. Si richiamava l’attenzione dei giudici sul fatto che indossando la ragazza un paio di jeans era estremamente difficoltoso toglierli alla vittima senza il suo consenso. Dunque questo particolare doveva far presumente un consenso almeno iniziale avvalorato dal fatto che dagli atti di causa emergeva che la ragazza si sarebbe decisamente opposta nel momento in cui aveva iniziato a sentire forti dolori (dunque prima no), derivanti dal fatto che si trattava del suo primo rapporto. A ciò si aggiunge che la vittima il giorno successivo aveva accettato di uscire di nuovo in auto con l’imputato, nella convinzione che questi volesse chiederle scusa. Dunque secondo i giudici di Cassazione il dissenso successivo poteva non essere stato percepito dall’aggressore e l’atto era lecito perché introdotto col consenso.

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Foto e privacy

foto e privacy 72Da NERO SU BIANCO 16/2007

Cose da… TRIBUNALI!

Potrebbe capitare anche a noi…

…di scattare una foto alla nonna sul balcone ed essere condannati a quattro mesi di reclusione.

 

Quando ho letto questa vicenda rappresentato col titolo “balcone vietato” sono stata immediatamente attratta dal titolo, ma quando di seguito ho letto che riguardava una vicenda di famiglia sono stata letteralmente sorpresa, anzi di più… sconvolta!

Possibile che un nipote che fotografa la nonna sul balcone finisce in tribunale e per di più condannato come un delinquente??? E la nonna…. Bella nonnina!

La vicenda è la seguente: una delle infinite questioni di famiglia - che quando si vivono non scandalizzano più perché ci si rende conto che i maggiori contrasti sorgono appunto tra familiari - vede come protagonista la signora B. che cerca di rientrare in possesso di un appartamento di sua proprietà occupato dalla madre. La signora anziana rifiuta di lasciarlo adducendo di essere in grave stato di salute al punto di essere allettata. Al momento dell’esecuzione dello sfratto, in presenza di Carabinieri e medico, gli avvocati della B. mostrano all’Ufficiale giudiziario le foto dell’anziana, scattate il giorno prima, che la ritraggono in piedi sul balcone in compagnia della badante, adducendo che la signora è deambulante.

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